Il monodramma
La Gestalt nasce intorno agli anni '50
dalle intuizioni di Frederick Perls. Partendo dal principio della "polarizzazione
degli opposti", Perls sostiene che la tendenza di ogni organismo è la ricerca
dell'equilibrio. L'organismo soddisfa i propri bisogni
psicologici e fisiologici attraverso un processo omeostatico di continua ri-equilibrazione. Un bisogno non soddisfatto costituisce una
Gestalt incompleta che spinge l'individuo a sentire la necessità di un suo
completamento. Partendo da questo presupposto,
l'orientamento gestaltico evidenzia, nell'individuo, un processo che chiama "ciclo
di contatto", che porta con sé il seguente sviluppo:
da una fase di avvicinamento graduale
all'ambiente (esterno o interno) che segnala un bisogno, una necessità o un
problema da risolvere (pre-contatto),
si passa all'individuazione di diverse modalità comportamentali, alla
mobilitazione dell'energia alla ricerca del soddisfacimento del bisogno
nell'ambiente (avvio di contatto),
dalla messa in campo del comportamento volto al soddisfacimento (contatto pieno), con una conseguente sensazione
di soddisfazione ed integrazione dell'esperienza nella propria storia personale
(post-contatto), fino alla chiusura,
interruzione del contatto, con tale dimensione ambientale (interna o esterna)
che aveva attivato il ciclo di contatto (ritiro).
Il momento di segnalazione del bisogno è l'emozione; quando le si consente di emergere
e l'esperienza segue il corso dell'equilibrio dinamico omeostatico, si prova
una sensazione di benessere, mentre se ci sono resistenze si ha sofferenza. Quando
il contatto con i bisogni è interrotto, compare il disagio che, secondo
l'approccio gestaltico, occorre riparare attraverso la riattivazione del ciclo
del contatto, non ritornando a contenuti del passato, ma facendo emergere
l'esperienza emotiva nel "qui ed ora", per poterla efficacemente trasformare.
Il monodramma gestaltico, psicosintetico, orientato ai compiti interrotti
Una delle tecniche utilizzate dalla Gestalt per far riemergere l'esperienza emotiva e la relativa ferita e riattivare il ciclo del contatto, è la tecnica del monodramma.
Si tratta di una variante dello
psicodramma con una differenza: mentre nel role-playing si mettono in gioco
rappresentanti diversi, nel monodramma è il protagonista stesso che di volta in
volta gioca i vari ruoli della situazione da lui evocata, spostandosi da una
sedia all'altra ogni volta che cambia di ruolo (quella che sta di fronte prende
il nome di sedia vuota o bollente).

Il monodramma facilita la messa in scena dei propri vissuti via via che essi emergono dalla situazione, e ciò senza l'eventuale interferenza con la problematica personale di un partner estraneo, che può non trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda. Ciò che importa è il dipanare le rappresentazioni interne, soggettive e contraddittorie.
Ad esempio il cliente può dialogare con un interlocutore verso il quale percepisce un conflitto, oppure dialogare con una parte di sé poco esplorata o indesiderata, così come può dialogare con la sua depressione, il suo mal di schiena, col suo bisogno di protezione, e così via.
E' una tecnica che permette di esplorare, riconoscere e integrare meglio le polarità opposte, senza voler trovare a tutti i costi un compromesso artificiale; nell'esercitarla ci si dispiega nel raggiungere gli estremi delle polarità, per riconoscere un punto d'incontro che non esclude contraddizioni, conflitti, antinomie ed ambivalenze. La tecnica promuove la consapevolezza delle nostre rappresentazioni interne e superare momenti di empasse.
Nel monodramma psicosintetico, a differenza di quello gestaltico, viene aggiunta una terza posizione che rappresenta l'osservatore delle due sedie; in questa posizione il cliente è portato a fare una valutazione obiettiva e imparziale a partire dal proprio Adulto.
L'osservatore non è solo un mediatore, ha infatti anche un compito spirituale nell'andare a riconoscere un atto di libertà e di volontà nel Sé superiore, il quale ricerca la via spirituale e della virtù rispetto al problema posto nelle due sedie.
Quindi fuori dal dialogo con l'altro, c'è la terza posizione: quella di chi osserva. Quando, come osservatori, ascoltiamo e guardiamo gli altri che comunicano, siamo in una prospettiva ancora diversa. L'osservazione, rispetto alle altre posizioni percettive, richiede silenzio interiore, ascolto, distacco emotivo e apertura di tutti i sensi. Se teniamo "svegli" i canali della percezione, catturiamo un'infinita varietà di informazioni sull'andamento delle relazioni comunicative.
La tecnica del monodramma mette in scena vissuti, situazioni, relazioni, ma è da ricordare che, come gli altri interventi terapeutici, non mira a trasformare la situazione esterna, ma piuttosto a trasformare la percezione interna che il cliente si forma riguardo ai fatti, alle interrelazioni tra di loro e sui loro molteplici significati possibili.
Bibliografia:
Franco Nanetti, "Counseling
ad orientamento umanistico-esistenziale", Pendragon
Franco Nanetti, "Clinica
esistenziale", Erickson
Internet - fonti varie
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